Se parlo di guerra, non faccio la guerra. Se parlo di morte, non uccido.
Scoprire che esistono gli altri
Non direi che è la prima cosa importante nella vita. Oggi come oggi penso che la prima cosa importante sia la pulizia del pensiero.
Ma se pensassi al podio, credo ci starebbe, tra le cose più importanti, anche lo scoprire che esistono gli altri. Più nello specifico: socprire che gli altri sono mondi diversi dal tuo, non pensano come te, non credono le cose che credi tu, non hanno i tuoi stessi pregiudizi (probabilmente ne hanno di diversi), non giudicano le situazioni secondo i tuoi parametri, non sono forti o deboli come te ad affrontare i casi della vita.
Gli altri sono diversi. Esistono indipendentemente da te. Non li puoi assimilare a te. Sono un'altra cosa.
E sembra semplice, in fondo, dato che la psicologia e la pedagogia ci insegnano che la crescita del bambino è un lento ed inesorabile differenziarsi dal seno materno, per progressive scoperte e successive esplorazioni. Ma quello che scopre il bebé quando capisce che la tetta della mamma non è lui stesso, non risponde automaticamente ai suoi bisogni, ma fa parte di un altro essere umano con il quale era, in precedenza, fuso, è solo l'inizio del game.
Non è così raro scoprire 30enni, 40enni e 50enni che non concepiscono il fatto che altri la pensino diversamente da loro. Che i loro principi, così fondamentali e irremovibili, non contino una mazza per i loro interlocutori. "Non è possibile" pensano "le cose sono così. Non può essere diversamente. Qui c'è qualcosa di strano". Senza giungere ad estremismi di varia estrazione, la sensazione di disorientamento di fronte a persone che non la pensano come noi è un'esperienza comune. Perché, magari, parliamo con qualcuno che arriva da un luogo del mondo diverso dal nostro. O che non ha la nostra stessa fede. O che invece ha una fede che noi non abbiamo. O che si è formato in contesti diversi dal nostro (dalla campagna alla città, dal nord al sud, dalla destra alla sinistra, dall'ambiente artistico a quello operaio... pick your choice).
Io, per esempio, fatico a comprendere culture del lavoro diverse dalla mia. Sarà che mi sono sempre impegnato molto e che ho auto rinforzato la convinzione che se ci metti passione e grinta da qualche parte arrivi, ma questo per me è il quadro delle cose nel mondo professionale. Quando vedo altri che lavorano per tirare le 5 del pomeriggio, e che criticano il luogo in cui operano senza impegnarsi per migliorarlo, o che approfittano della loro condizione lavorativa per farsi gli affaracci loro senza preoccuparsi del contesto (malattie e ferie a vanvera, ad esempio), resto sempre strabiliato. Ma per altri non è così. E devo dire che, per quanto ci ragioni, faccio fatica ad accettare che ci sono principi di partenza diversi, e che non è detto che il mio sia migliore o più valido o sempre valido.
Capite? Il punto è che gli altri sono diversi.
Dovremmo essere educati a questo molto presto.
E, portate pazienza se torno sempre lì, ma poter leggere storie di chi vive realtà diverse dalle mie, e affronta il mondo in modo alternativo - con più o meno coraggio, con più o meno capacità riflessive, con più o meno sfighe - educa la mente a comprendere la diversità, a vivere altre vite, a sperimentare altri pensierie e a sviluppare quella tolleranza che è figlia, solamente, della capacità di valorizzare l'altro da me.